120 anni di FS
Le Ferrovie dello Stato compiono 120 anni.
La copertina del periodico TuttoTrenoTender che ricorda i 120 anni delle FS, un periodico edito trimestralmente dalla Duegi Editrice di Abano.
Nel 1905 le
ferrovie avevano mosso le ruote già da molto tempo, ma quell’anno avvenne la
fusione tra le tre grandi reti ferroviarie che gestivano il traffico sul
territorio nazionale: la Rete Adriatica, la Rete Mediterranea e la Rete Sicula.
La legge, voluta dal ministro Giolitti fu approvata sotto
il ministro Fortis il 22 aprile 1905. Con essa nascevano le Ferrovie dello
Stato, a capo delle quali fu posto l’energico ingegner Bianchi.
Non fu un’avventura facile. Egli ereditò 2.664 locomotive
a vapore, 768 delle quali avevano già oltre 30 anni di servizio e – in un’epoca
in cui la tecnica migliorava di continuo – erano da considerarsi vetuste. Per
le altre c’era da mettere mano alla disomogeneità dei tipi presenti.
L’opera di Bianchi fu grandiosa. La rete ereditò 17.000
km di binari che in un decennio divennero 20.000. Molte linee erano a binario
semplice e, grazie alla politica di Cavour prima dell’unificazione dell’Italia,
4000 km di esse erano concentrate in Piemonte.
Le riviste di Fondazione FS, curate da Duegi editrice
(TuttoTreno, TuttoTreno Tender e TTmodellismo) sono a supportare gli
appassionati di storia, ma anche di modellismo.
Infatti fin dagli albori della ferrovia si assistette
alla produzione di giocattoli via via più perfezionati che riproducevano treni.
Dapprima correvano sul pavimento, poi su patetici binari con tre sole
traversine. Nei primi anni del Novecento apparvero treni elettrici, ma
funzionavano ad alta tensione e si rischiava grosso a toccare i binari col
treno in movimento. Ci pensò la tedesca Märklin a trovare la soluzione,
adottando un trasformatore che abbassava a soli 20Volt la tensione ai binari.
Nel nostro Paese le persone abbienti acquistavano trenini
tedeschi, mentre l’industria nazionale si limitava a penny toys di latta
da pochi soldi.
Al massimo si arrivava a qualche modello funzionante a
molla di Alemanni o Ingap, senza nessuna pretesa di riprodurre alcunché di
reale.
A dire il vero la Ingap produsse almeno tre locomotive di
latta somiglianti al vero, ma viaggiavano sul pavimento ed erano prive di
tender del carbone. Di dimensioni medio piccole era la FS 66001, poi la 68001 un
po’ più grande: entrambe somigliavano alle locomotive del Gruppo 640, molto
diffuse in tutta Italia. Ben più rara e costosa era la 69001. Questa
effettivamente riproduceva l’ammiraglia delle FS, la 690, sia pure senza
tender, ma era un giocattolo più costoso degli altri e meno diffuso.
Nel dopoguerra nacque finalmente il ferromodellismo.
Opera soprattutto di Francesco Biaggi, che produceva trenini in scala ‘0’
(1:43) col proprio nome o utilizzando altri marchi come GEM o FAGE. La INCO
Giochi di Torino produsse una bella locomotiva tipo FS Gr.685 in scala ‘0’ ma –
anche in questo caso – si trattava di un giocattolo costoso che non ebbe grande
diffusione.
La Bral, già nota per il suo “Costruttore Meccanico”
(simile al Meccano inglese) produsse trenini in scala ‘0’ fino al 1961 per poi
chiudere bruscamente il reparto ferroviario.
Agli albori del modellismo in Italia non va dimenticata
la Elettren, che nel 1946 produsse un locomotore FS E.428 e poi la regina delle
locomotive a vapore, la 691 che trainava i rapidi Milano-Venezia. Si trattava
di giocattoli molto costosi, prodotti in piccola serie e destinati a clientela
facoltosa.
Quindi nacque già sul finire del 1945 la Rivarossi che
usava la bakelite per le carrozzerie dei suoi locomotori e locomotive in scala
‘00’ (1:80 circa), per poi passare alla plastica ottenendo via via una finezza
di dettaglio ineguagliabile negli anni Cinquanta e via via adeguandosi allo
standard della scala H0 (1:87).
La CO.MO.GE. di Bollate tentò, a partire dal 1947, di
insidiare il mercato con i suoi trenini Conti, realizzati in pressofusione e in
grado di spuntare una buona velocità (ai bambini non importava di veder
sfrecciare una locomotiva a vapore come se fosse un Frecciarossa). Conti
produsse anche accessori per plastici, in latta o pressofusione. Terzo incomodo
fu la Lima di Vicenza che, tuttavia, proponeva trenini molto semplici,
irrealistici, ma venduti a prezzi molto più bassi della concorrenza e perciò
tali da avvicinare molti più bambini al modellismo ferroviario. La stessa Lima
poi migliorò la qualità fino a raggiungere uno standard che le permise di
espandersi ed esportare in tutta Europa.
Onoriamo dunque la ricorrenza con una breve digressione
nel campo del modellismo ferroviario…
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