NOVITÀ TECNOMODEL MYTHOS - PRIMA PARTE: 1:43
Tecnomodel, produttore con sede ad Opera (MI), ha recentemente ampliato la sua gamma di automodelli in scala 1:43. I modelli sono come al solito prodotti in resina, hanno un'ottima finitura (soprattutto la vernice, veramente sopraffina) e soprattutto hanno un'allure "artigianale" che non guasta. In più, sono sempre a tiratura limitata, cosa che li rende molto appetibili ai collezionisti. Tutti i modelli sono confezionati in un elegante cofanetto di spesso cartoncino nero, che contiene una scatola a vetrina con base bianca lucida, sulla quale è avvitato il modello. Ogni base è arricchita da una targhetta in metallo riportante i dati della vettura riprodotta ed il suo numero di serie.
Iniziamo la carrellata con un modello che renderà felici sia i collezionisti di miniature Ferrari che gli appassionati di Le Mans: la Ferrari 330 LMB. La livrea è quella della vettura n. 11, che corse la 24 ore nel 1963, sotto i colori della Scuderia NART. I piloti erano Dan Gurney e Jim Hall.
Iniziamo la carrellata con un modello che renderà felici sia i collezionisti di miniature Ferrari che gli appassionati di Le Mans: la Ferrari 330 LMB. La livrea è quella della vettura n. 11, che corse la 24 ore nel 1963, sotto i colori della Scuderia NART. I piloti erano Dan Gurney e Jim Hall.
La vettura, contraddistinta dal n. di telaio 4453SA, non finì la gara: mentre era al quarto posto, la rottura di un semiasse la costrinse al ritiro.
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La 330 LMB 4453SA in azione. |
La 330 LM del 1962 era un'evoluzione della Ferrari 250 GTO, alla quale era praticamente identica dal punto di vista estetico, salvo il vano motore più grande per ospitare il motore da quattro litri. La LMB, prodotta nel 1963 invece, era una vettura diversa, la cui linea era stata studiata dalla Pininfarina.
In pratica, la parte anteriore era molto simile a quella della 250 GTO (salvo la "bugna" sul cofano), mentre la parte posteriore era presa dalla 250 Lusso, con l'aggiunta di feritoie di sfiato dietro i passaruota posteriori, di uno spoiler e di una presa d'aria sul parafango. Nel complesso, una vettura da corsa con una linea decisamente elegante. Sul nostro modello, spicca la verniciatura lucidissima e non troppo spessa, le bellissime ruote a raggi e l'abbondante uso di fotoincisioni.
Restiamo alla 24 ore di Le Mans per il secondo modello, la Porsche 550 RS telaio 550/0132 di Ed Hugus / Carel Godin de Beaufort, che gareggiò nell'edizione 1957. Arrivò ottava assoluta e prima nella sua classe.
La livrea bianca con bande blu è quella tipica delle squadre statunitensi, proprie della Scuderia di proprietà dello stesso Ed Hugus.
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La 550 RS n. 35 durante una sosta ai box. |
Anche per questo modello la verniciatura è ottima, anche se purtroppo il bianco non rende benissimo in fotografia. Anche qui sono molti i particolari fotoincisi e la posa delle decal è di buon livello.
Trattandosi di una vettura aperta, ovviamente è molto più facile osservare gli interni: non sono stati dimenticati anche i tubi del telaio a vista ed ogni particolare dello spartano arredamento interno è riprodotto.
Il terzo modello è una monoposto famosissima, che ha contribuito a creare il mito di una delle Case inglesi più famose della Formula 1. Anzi, forse è proprio la macchina che ha dato inizio a tutto. Stiamo parlando della Lotus 18 F1, la capostipite delle Lotus a motore posteriore. La versione qui riprodotta è quella che ha corso il GP d'Inghilterra del 1960.
Prima della "18" la Lotus aveva prodotto due vetture tradizionali per l'epoca, con motore anteriore. La 18 fu la prima Lotus a vincere una gara del Mondiale F1, con il grande Stirling Moss al volante. Era il 1960 e la gara il GP di Montecarlo.
Fa impressione quanto sia minuscola questa macchina. Il suo motore quattro cilindri da 2,5 litri sviluppava 243 cv, che la spingevano ad oltre 240 km/h. Prestazioni ridicole in confronto alle mostruose F1 odierne, ma pensando alle gomme di ridotta sezione di questa vettura, unite al peso di soli 440 kg si capisce che fegato dovevano avere i piloti dell'epoca per portarla in pista al massimo delle prestazioni.
E che piloti: oltre a Stirling Moss, la "18" è stata guidata anche da Jim Clark, Jim Hall, Lucien Bianchi, John Surtees.... La mancanza di cinture di sicurezza nell'abitacolo non è una dimenticanza di Tecnomodel: all'epoca non erano ancora obbligatorie, e la maggioranza dei piloti non le voleva utilizzare, per timore di restare intrappolati nell'abitacolo in caso di incendio della vettura. Altri tempi.
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La Lotus 18 in gara, con John Surtees al volante. |
Ancora una Formula 1, decisamente più "moderna" rispetto alla Lotus, anche se più giovane di soli 11 anni., pochi in assoluto ma un'eternità se si pensa allo sviluppo della tecnica. Stiamo parlando della Ferrari 312 B2 del 1971, nella versione con la quale Clay Regazzoni disputò il GP di Zandwoort di quell'anno.
La 312 B2 era mossa da un motore 12 cilindri a V di 180° (erroneamente definito "boxer") da 470 CV, ereditato dalla precedente 312 B (che di cavalli ne aveva solo 450). Grazie alla sua forma "piatta" abbassava notevolmente il baricentro della vettura. Nelle intenzioni della Scuderia la B2 avrebbe dovuto migliorare le già ottime prestazioni della progenitrice, ma, pur essendo bellissima ed innovativa in parecchi particolari, si rivelò più lenta e meno competitiva della 312B, e dovette accontentarsi di due sole vittorie nel campionato di quell'anno.
Il modello riproduce molto bene la linea della vettura, ed i particolari abbondano. Ad esempio, una nota la merita la riproduzione del motore, molto dettagliata: sono visibili anche i cavi delle candele, non applicati ma resi con uno stampo ed una goccia di pittura. Anche i freni anteriori sono cablati.
Molto ben riuscita anche la riproduzione delle particolari sospensioni che caratterizzavano il posteriore di questa macchina e che purtroppo, sulla vettura reale, furono anche uno dei suoi punti deboli. Belle anche le due coppie di tubi di scarico bianchi.
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Clay Regazzoni al volante della 312 B2. |
Per finire, la riproduzione di una delle vetture più famose (e vittoriose) della Casa del Biscione, l'Alfa Romeo Giulia 1600 GTA, proposta una volta tanto in versione stradale, con i paraurti. Ovviamente in una brillante livrea rosso Alfa.
La Giulia GTA era una macchina nata e pensata esclusivamente per le corse, quindi nulla a che vedere con l'attuale "mostro" che porta lo stesso nome: questa, nata nel 1965, era una "modesta" millesei da 115 cv (nella versione stradale) che con una bella cura dimagrante era riuscita a guadagnare ben 200 kg in meno rispetto alla Giulia GT, che pesava 950 kg contro i 745 della versione Alleggerita. E pensiamo che la versione da corsa, preparata da Autodelta, sviluppava fino a 170 cv, perdendo ancora 45 kg per l'eliminazione dei paraurti, sedili ed altro. Praticamente come una Lotus Elise moderna...
Pochi particolari la distinguevano a prima vista dalla GT normale: i cerchioni, realizzati in magnesio da Campagnolo, le maniglie delle porte sostituite da archetti in metallo con pulsante, lo scudetto anteriore più piccolo con due prese d'aria aggiuntive ai lati, la calandra a griglia senza baffi, e i famosi quadrifogli verdi su passaruota e coda, che divennero presto molto comuni anche sulle GT di tutti i giorni, aggiunti dai proprietari che volevano fingere di possedere una pregiata GTA.
La differenza la faceva ovviamente il motore, ma purtoppo il nostro modellino non consente di vederlo, essendo sigillato. Gli interni sono quindi praticamente impossibili da fotografare, ma sono ben fatti. Nella vista dall'alto si può anche intravedere un estintore posto di fronte al sedile del passeggero.
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In una foto d'epoca, la Giulia GTA di fronte alla sede dell'Autodelta. |
Nella seconda parte di questo articolo, in arrivo tra poco, quattro belle novità in scala 1/18! A presto...
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