C'era una volta la INGAP
INGAP è il
produttore italiano che si è fatto più conoscere al mondo per la sua vasta
produzione di giocattoli, che veniva esportata in moltissimi Paesi, grazie ai
suoi prezzi più economici di quelli di provenienza tedesca.
Nel 1919 nasceva la
Fiera di Padova, da subito con il carattere di Fiera campionaria, una delle
prime al mondo. Già alla seconda edizione, nel 1920, l’industriale Pietro
Zinelli presentò per la prima volta la sua azienda, fondata un anno prima col
nome di I.N.G.A. (Industria Nazionale Giocattoli Automatici) a cui, nel corso
dello stesso anno, aveva aggiunto una ‘P’ di Padova.
A quell’epoca
l’industria del giocattolo in Italia non era molto sviluppata e le aziende che
trattavano la lamiera per produrli ancora meno: era un materiale considerato di
pregio e di alto costo, perché in gran parte importato.
Di tutte le
industrie italiane del giocattolo, l’INGAP è quella di maggior successo e
che è durata più a lungo. Forse anche grazie all’apporto dei nobili Anselmi e
della famiglia Casale che affiancarono lo Zinelli a partire dal 1922, così da
crescere dai 20 addetti iniziali del 1920 ai circa 600 del 1938.
La produzione
spaziò in ogni campo: dai secchielli agli aeroplanini, dai pupazzi meccanici
alle carrozzine per bambole, dai trenini a molla ai mobili per le case di
bambole.
E naturalmente una
notevole mole di auto, veicoli industriali e mezzi militari in latta, molti con
meccanismo a molla. Rispetto a tante produzioni straniere i giocattoli INGAP sfoggiavano
colori brillanti e piacevoli che ne decretavano il favore del pubblico
infantile.
Negli anni ’30 la
INGAP si era perciò conquistata un posto accanto ai “mostri sacri” di
Norimberga, esportando nel Nord e nel Sud America come nel resto d’Europa e,
grazie alla presenza italiana nelle colonie, anche in Africa.
Nel 1938 la
fabbrica INGAP aveva raggiunto i 18.000m2 e in catalogo aveva circa
400 articoli diversi, con o senza movimento meccanico. Durante la guerra
ovviamente la produzione venne orientata al sostegno militare e dunque al
materiale bellico, ma nonostante le restrizioni sui materiali, una piccola quantità
di giocattoli continuò ad essere realizzata, almeno fino all’occupazione da
parte degli Alleati, che utilizzarono la INGAP come deposito.
Nel dopoguerra
l’azienda rinacque con difficoltà, ma riprese con vigore almeno fino al 1952, quando
morì Anselmo Anselmi. Dopo alcuni giocattoli di buona fattura apparsi negli
anni Cinquanta, nel decennio successivo la produzione di automodelli diventò
meno interessante e l’arrivo della plastica segnò il definitivo tramonto del
giocattolo di latta.
La INGAP sembrava
non riuscire ad adattarsi al nuovo materiale e i modelli si fecero
approssimativi, economici e di scarso “appeal”. Il declino continuò finché nel
1972 venne assorbita dalla Eurotoys.
Fra i giocattoli
va ricordata, poco prima della II Guerra Mondiale, una notevole auto da corsa
“Grand Prix” che reggeva il confronto con i migliori giocattoli. In quel
periodo andò aumentando il numero di giocattoli militari: si andava purtroppo
avvicinando la guerra, quella vera.
Nel dopoguerra
ricordiamo due versioni della celebre Vespa e vari giocattoli di ottima
qualità. Addirittura nel 1951 la INGAP studiò il primo modello radiocomandato
al mondo. Progettato da Antonio Vicentini, usava un ricevitore d’impulso
(coherer) che era una apparecchiatura elettromagnetica del tipo usato da
Guglielmo Marconi per far suonare a distanza il suo famoso campanello. Si
trattava di un circuito nel quale le variazioni di conducibilità elettrica
davano impulso ad un motorino, sempre sviluppato dalla stessa INGAP, che
forniva propulsione alle ruote e il movimento di sterzo. L’elettronica di quei
tempi non era ancora alla portata dei comuni giocattoli e questa era una valida
soluzione alternativa. Nel 1955 quest’apparecchiatura fu utilizzata per una
grossa vettura in plastica, bicolore lunga 34 cm, che precorreva di anni
analoghi modelli di produzione giapponese. Purtroppo il costo elevato e
l’estetica infelice non giovarono al modello che rimase un caso isolato.
Nel frattempo la
concorrenza dei giocattoli giapponesi si faceva sentire molto forte e negli
anni successivi INGAP si dedicò alla produzione di giocattoli in latta sempre
più economici e per lo più di fantasia. Iniziò quindi il passaggio alla
plastica, materiale che la INGAP stentava ad impiegare, forte della sua lunga
esperienza con la lamiera.
Fra i primi modelli
di plastica ci fu una serie di auto e autocarri in scale comprese fra l’1/76 e
l’1/100, di qualità e fattura modesta, disponibili in una scatola con 12 pezzi
assortiti oppure venduti sfusi nelle cartolerie per il prezzo modesto iniziale
di 10 lire ciascuna, poi elevato a 20.
Degli anni ’60 ci restano le famose serie composte ciascuna da 5 automobili Fiat in scala 1/32 in plastica colorata o talvolta verniciata, denominate 701, 702, 703, 704 e 705. Si trattava di riproduzioni semplici, ma fedeli nella linea, e che con pochi ritocchi si potevano trasformare in eccellenti miniature. Furono prodotte fra il 1960 e il 1964. Molti di questi modelli furono usati per scopi promozionali dalla Achille Brioschi di Milano, che le utilizzò come premi per una raccolta punti. Le Brioschi erano inscatolate singolarmente in artistiche scatole di cartone.
Anche la serie in
scala piccola fu rinnovata completamente. La nuova scatola 2020 conteneva 10
modellini assortiti in scala molto vicina all’1/87, ed erano presenti anche
alcune interessanti auto americane, commerciate negli USA dalla AHM.
All’inizio degli
anni ’60 comparve una serie di auto “utilitarie” in scala 1/24, che comprendeva
l’Autobianchi Bianchina, le Fiat 500, 600 e 600 Multipla, la Innocenti Austin
A40, la Dauphine, la Ford Anglia, il Maggiolino e la VW 1500, tutte fornite di
motore a frizione poco performante.
Fra gli ultimi
modelli della INGAP ricordiamo due serie in plastica uscite nel 1963 in scala
1/43: una era composta da 6 berline (Alfa Romeo Giulia, Citroën DS19, Fiat
1300, Ford Taunus 17M, Mercedes-Benz 220, Rolls Royce Silver Cloud); l’altra da
5 monoposto da corsa, più una Ferrari Sport. Anche in questo caso si trattava
di miniature di fattura semplice e scarso interesse collezionistico.
Curiosamente, uno
degli ultimi pezzi marcati INGAP (ma già uscito sotto la Eurotoys), fu un’Alfa
Romeo Giulia lunga 30 cm realizzata con lo storico lamierino.
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