70 anni Giulietta sprint: il coupé che sorpassò la berlina
Normale che un coupé sorpassi la berlina da cui deriva: è più leggero, filante, e di solito il motore sviluppa qualche cavallo in più.
Meno normale é che il coupé venga
presentato con un anno di anticipo rispetto alla berlina, ed é quanto successe
alla “più amata dagli italiani”: la Giulietta dell’Alfa Romeo.
Nel dopoguerra l’Alfa Romeo
doveva ripartire, come tutte le industrie europee, del resto, ma i tempi erano
cambiati e l’economia del settore automobilistico non poteva basarsi su poche
6C 2500 costruite quasi a mano e vendute a prezzi non adatti al periodo.
Con notevole impegno era
uscita la 1900 a 4 cilindri, prima Alfa Romeo costruita veramente in serie e in
numeri significativi. Ma era ancora una berlina destinata a un pubblico
piuttosto facoltoso e non era alla portata di tutti.
Il passo successivo sarebbe
stata una macchina più piccola, con la stessa impostazione meccanica, ma con
motore di 1300cc da vendersi a prezzi sicuramente più interessanti, sebbene più
elevati di quelli delle coeve Fiat 1100 e Lancia Appia. Ma, nel 1953, il
programma per la produzione della nuova vettura era in ritardo. Per rispettare
i tempi si pensò di spingere sul coupé, che era stato portato avanti di pari
passo con la berlina, con i test del prototipo quasi terminati.
Il prototipo, disegnato in Alfa, non era bellissimo, ma presentava grosso modo le proporzioni e le misure che si sarebbero volute dare al coupé. Si interpellarono diversi carrozzieri esterni. Alcuni declinarono perché le loro dimensioni non consentivano la produzione in serie del nuovo modello, altri proposero soluzioni fantasiose.
Hruska si affidò a Boano
che, con l’aiuto di giovanissimi stilisti come Scaglione e Giugiaro, apportò le
giuste modifiche, approdando a un coupé dalle linee semplici e filanti, che
venne presentato al Salone di Torino del marzo 1954.
Il prototipo visto al Salone di Torino aveva una caratteristica d’avanguardia che sarebbe stata una vera innovazione: il portellone posteriore apribile che inglobava il lunotto, ma sulla vettura di serie si tornò al lunotto fisso con sportello del bagagliaio separato.
L’Alfa Romeo pensava di
vendere 100-200 esemplari l’anno, ma nel solo primo giorno di Salone raccolse
500 ordini. Con Boano che lasciava la Ghia, l’ordine passò alla Bertone, che
dovette organizzarsi parecchio prima di arrivare, nel 1960, a dotarsi di veri e
propri impianti per lo stampaggio delle scocche (fino a quel momento battute a
mano), che poi venivano inviate a Milano per essere completate con la meccanica
della Giulietta modificata nel rapporto di compressione e nel carburatore per
arrivare a 65CV e a 160 Km/h di velocità massima, un valore che faceva
impazzire gli appassionati di allora.
Per gli sportivi nel 1956
nasceva la “Sprint Veloce”, con carrozzeria alleggerita e vetri di plexiglas
scorrevoli alle porte, motore con 2 carburatori Weber e 90CV di potenza per 180
Km/h di velocità massima. Prezzo sui 2.250.000 lire dell’epoca, circa 350.000 in più
rispetto alla Sprint di serie, una bella differenza a quei tempi. Ma che soddisfazione
correre con la “Veloce”, che – ad esempio – si aggiudicò i primi 3 posti di
categoria alla Targa Florio del 1956.
Dal punto di vista
modellistico la Giulietta Sprint nasceva in un periodo in cui i produttori
erano tutti impegnati nella miniaturizzazione di auto del proprio paese, quindi
troviamo la Giulietta Sprint solo nel catalogo Mercury nella serie 1:48 e in
pochi giocattoli di fattura variabile. Mercury uscì con la mascherina con i
baffi, ma nel 1958 l’Alfa Romeo subì il primo restyling che riguardava proprio
la mascherina (ora a griglia) e la fanaleria (anteriore e posteriore). Il
modellino Mercury fu modificato e la versione con i baffi ha circolato pochissimo
tempo facendone forse il più raro di tutta la sua produzione.
Eccezione a quanto detto
prima è il modellino Norev di plastica, in scala 1:43 che è rimasto in catalogo
anche diverso tempo.
Negli anni Sessanta i
produttori giapponesi di giocattoli di latta misero la Giulietta Sprint al
centro delle loro attenzioni e la stessa comparve fra i primi Politoys di
plastica (sebbene un po’ approssimativa) e fu il primo mello della Togi che riproduceva
un’auto reale, anche in questo caso con il padiglione un po’ troppo ribassato.
In scala 1:87 fu realizzata
dalla spagnola Anguplas, poi lo stampo passò alla Eko che lo semplificò nella
griglia, adottando un tipo di plastica che non si deformava.
Le altre Sprint sono tutte
più recenti. A fine anni ’90 arrivò il modello Detail Cars, non del tutto
convincente e poi il bellissimo Bang, offerto in varie versioni compresa la “Veloce”.
In scala grande ci sono gli speciali di Mamone, il modello in scala 1:18 di Miniminiera e, molto
recente, la bellissima Sprint della Kyosho, nella stessa scala, disponibile anche come “Veloce”.
Segnaliamo infine la curiosa
Giulietta Sprint della Bauer, realizzata diversi anni fa con motorizzazione
slot-car adatta per le piste Faller AMS, in 1:66 circa, e la riedizione del
modellino Mercury curata a suo tempo dalla Scottoy e poi dalla Hachette in una
iniziativa editoriale.





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