90 anni Auto Union Grand Prix
Nel 1932 avvenne la fondazione del gruppo Auto Union AG derivato dalla
fusione di Audi, DKW, Horch e Wanderer, usando il simbolo di quattro anelli che
si incrociano come marchio ancor oggi conosciutissimo.
L'azienda era alla ricerca di un modo per aumentare il profilo del nuovo
nome dell'azienda e dei Quattro Anelli anche a livello internazionale.
Ferdinand Porsche, che era stato incaricato di progettare un'auto da corsa fin
da prima che gli stabilimenti della Wanderer – presso cui lavorava - si
fondessero con gli altri marchi, sviluppò la sua auto da corsa per conto del
nuovo Gruppo Auto Union, per gareggiare nella formula da 750kg allora adottata.
Il design era tanto spettacolare quanto pionieristico. Un motore centrale a
16 cilindri da 4,4 litri con compressore e 295 CV si trovava direttamente
dietro il guidatore e, combinato con l'anteriore corto, conferiva alla vettura
un aspetto insolito. Le sospensioni a barra di torsione fecero la comparsa su
questo bolide per la prima volta.
La vettura, chiamata Type A fu pronta nell'autunno del 1933 e a novembre
gli ingegneri la provarono per la prima volta al Nürburgring.
L'auto da corsa dell'Auto Union fece la sua prima apparizione ufficiale
quando fu guidata da Hans Stuck il 6 marzo 1934 sulla pista AVUS di Berlino.
L'Auto Union si era presentata quel giorno per cercare di battere alcuni record mondiali di velocità esistenti e, alla fine della giornata, ne aveva stabiliti tre nuovi. Poco tempo dopo, il 27 maggio 1934, l'auto da corsa fece il suo debutto internazionale nella gara internazionale Avus.
Nel 1935 venne schierata la Type B, un'ulteriore evoluzione, potenziata a 375 CV e portata alla vittoria da Hans Stuck, da
Achille Varzi e da Bernd Rosemeyer che ottennero in totale 6 successi.
L’eterna rivale Daimler-Benz, rispolverando un progetto dello stesso
Ferdinand Porsche, intese rispondere alla sfida e da quel momento in poi, le auto da gran premio di Auto Union e Daimler-Benz
dominarono le corse automobilistiche internazionali.
Nel 1936 la Type C vinse 9 gare tra Gran Premi e Corse in Salita, di cui 7
grazie a Rosemeyer che conquistò il Campionato Europeo Grand Prix e divenne
anche Campione tedesco di Corse in Salita, ma correrà solo nel biennio
1936-1937.
Per le gare in salita, onde scaricare meglio l’incredibile potenza al retrotreno,
erano spesso usate versioni con ruote posteriori gemellate.
A partire dal 1938, per contenere le prestazioni delle monoposto divenute
troppo potenti e veloci, la formula Grand Prix 750 kg venne sostituita
dalla Formula 3 litri, cioè limitando la cilindrata massima a 3.000 cm³.
La nuova vettura Type D impiegava in competizione un motore a 12 cilindri,
mentre le versioni per le gare di salita, dove il limite di cilindrata non era
applicato, usavano cambio e trasmissione finale diversi per mantenere il motore
a 16 cilindri della Type C.
La Type C è stata utilizzata dall'Auto Union per
battere record di velocità su strada, nelle distanze da 1 km a 10 miglia
con la configurazione speciale versione carenata con carrozzeria aerodinamica.
Il primato più significativo fu il record di 406,321 km/h sul chilometro
lanciato stabilito nel 1937 da Rosemeyer sull'autostrada Francoforte-Darmstadt.
Le frecce d’argento dell’Auto Union non sono sfuggite
ai fabbricanti di modelli e perfino di bambole: quella della Schildtkrot prodotta
prima della guerra, sembra essere l’unica automobilina messa in commercio dal celebre
fabbricante di bambole che, per inciso, esiste tuttora.
La carriera delle Auto Union da Gran Premio si
concluse con lo scoppio della guerra mondiale, ma troviamo molti modelli
prodotti anche dopo e registriamo un risveglio di interesse in anni recenti, che ci hanno
regalato miniature molto ben fatte.
Ne riportiamo una selezione.
Alcuni produttori hanno realizzato vari modelli della
celebre macchina da corsa e in più versioni, come CMC con i suoi celebri
capolavori in scala 1:18.
Interessanti le versioni Brumm, anche in confezioni
esclusive per Audi in vendita nel Museo della Casa a Ingolstadt e la piccola
Typ C in scala 1:87 di Busch, notevole per la presenza di finissime ruote a
raggi e dello sterzo.
Curiosa infine la scelta di Nigam e Mercury, due
marchi italiani attivi a partire dal dopoguerra, di includere un modello
ciascuna della Auto Union Typ D nel proprio catalogo, con Mercury che lo
duplicava anche nella «Serie Piccola» che noi chiamiamo più sbrigativamente “Micro”,
che è più o meno in scala 1:80 circa.
Esiste infine un misterioso modellino, probabilmente
coevo dei Mercury e Nigam, pure di produzione italiana, ma senza marchio.
Commenti
Posta un commento