Review: Rolls-Royce Phantom Open Tourer 1926 - Kyosho 1:18


In questa recensione andiamo ad esaminare un modello piuttosto inusuale per Kyosho e anche se non è precisamente una novità, perché è già stata presentata qualche tempo fa, è pur sempre interessante, visto che si tratta di una vettura che sta per compiere quasi un secolo: stiamo parlando della Rolls-Royce Phantom Open Tourer del 1926. Kyosho ha scelto una versione decisamente originale, poiché questo modello non porta una classica carrozzeria di Hooper, o Mulliner o di uno dei tanti carrozzieri inglesi, ma è stata carrozzata da Smith & Waddington Ltd., azienda operativa dal 1921 al 1929 a Camperdown, sobborgo di Sydney in Australia. Questo artigiano era specializzato nell'allestimento di carrozzerie per autobus e aoprattutto per auto di lusso: sembra che l'85% delle Rolls-Royce vendute in Australia abbiano ricevuto una carrozzeria Smith & Waddington e che molte siano state anche esportate in India e nel Sud-Est Asiatico. Il team di Kyosho si è sicuramente ispirato alla vettura telaio 9YC, recentemente andata in asta presso RM Sotheby's, con carrozzeria di colore verde e parafanghi neri. Difatti è proprio in questa colorazione, oltre che nella versione nera integrale qui recensita, che è stata presentata la prima serie di questo modello, da poco ripresentato in colore rosso granata e azzurro, sempre con parafanghi neri.
Questo modello è venduto ad un prezzo mediamente alto, intorno ai 300 euro. Il sottoscritto, pur non essendo particolarmente appassionato di auto "vintage" (fatte salve un paio di Bentley, alcune Alfa e soprattutto le Lancia, in attesa che qualche produttore si accorga finalmente di loro) ha avuto l'occasione di acquistarne uno in un'asta su Internet ad un prezzo più che ragionevole e quindi ora andrò a vedere se questa imponente miniatura merita la spesa. 
 

Innanzitutto, se giudicate la bellezza di un modello dalle dimensioni e dal peso, questa Rolls fa per voi: è grossa come un autobus e pesa oltre un kg. È per la maggior parte composta di solido metallo e, a colpo d'occhio, sicuramente fa una gran scena, come potete notare dalla foto di apertura.
Oltre tutto, cosa non più così comune, è completamente apribile: si aprono infatti tutte e quattro le portiere e il cofano motore si solleva diviso in due parti (ovviamente, a causa del peso piuttosto elevato, non resta aperto da solo), le ruote sterzano con un angolo di sterzata corretto. Molto strana l'ingegnerizzazione dell'apertura delle porte, dotate di un doppio cardine interno, che prima le fa "staccare" dalla linea della carrozzeria e poi le apre, facendo credere a chi sta in quel momento compiendo questa operazione, di aver rotto qualcosa; ma no, niente di rotto, funzionano proprio così. So che quanto ho appena scritto è difficile da comprendere, ma se mai vi capiterà di maneggiare questo modello, capirete immediatamente.

In più, oltre al tetto "chiuso",  rivestito elegantemente di un materiale simile alla tela, è disponibile anche un tetto in posizione ripiegata, elegantemente sagomato come un rivestimento (sempre in simil-tela) che nasconde il mantice ed il meccanismo di chiusura. L'aspetto di questo pezzo è un po' troppo rigido e liscio, rispetto al vero, ma nel complesso non è male.
 
La linea è abbastanza semplice, come per la maggior parte delle auto degli anni '20: abitacolo raccolto e arretrato privo di finestrature laterali, lungo muso, parafanghi a "carrozza" e fari sporgenti; in ogni caso è evidente una certa eleganza.

La vettura reale, telaio 9YC (Credits: RM Sotheby's)


Kyosho ha comunque fatto un buon lavoro, perché le proporzioni sono corrette e la linea è ben riprodotta: la vernice è di ottimo livello su questo esemplare nero, splendidamente lucido, e l'assemblaggio è accurato. Salta però immediatamente all'occhio l'aspetto delle ruote! A parte la "spalla" degli pneumatici, un po' eccessiva, è mai possibile che su un modello di questa fascia di prezzo ci siano ancora ruote con i raggi in plastica?


Certo non sono bruttissime e sono ben lontane dalle atroci ruote cromate delle Bburago anni 90, ma, persino Norev, su modelli da meno di 70 euro (AC Cobra, Austin Healey...) utilizza i raggi fotoincisi, per non parlare di MCG o KK Scale. E allora, perché un marchio premium come Kyosho deve ridursi a simili economie? Per quanto i raggi siano molto fini pur essendo stampati, dei raggi in fotoincisione, seppur con tutti i loro difetti, sarebbero stati più indicati. Per indorarci un po' l'amara pillola, simpatico il particolare della cassetta porta-attrezzi apribile. Peccato però che il baule posteriore, ben più grande ed evidente, sia sigillato. Ancora una volta, perché?

Vista frontale di 9YC (Credits: RM Sotheby's)


Nella vista fronte/retro del modello, rispetto alla vettura reale, spiccano i bei fari molto realistici, le luci di posizione cromate, la bella calandra che porta una buona riproduzione dello "Spirit of Ecstasy", ma viene evidenziato un altro difetto, consistente nell'eccessivo surdimensionamento degli organi delle sospensioni. Inoltre, solo la parte superiore della balestra è in metallo: la parte inferiore è in plastica, e non fa nulla per nasconderlo. Non è verniciata, è semplicemente plastica nera dall'aspetto piuttosto economico.
E a questo punto, parlando di economie, iniziamo a "fare le pulci" al modello. Alcune critiche rasenteranno senz'altro la pignoleria, ma vista la fascia di prezzo, ripeto, credo siano più che giustificate. Ad esempio: osservando l'auto vera, sul parabrezza spicca, dal lato passeggero, il tipico specchietto retrovisore con luce di servizio integrata, puntualmente replicato sul modello.

Ma visto che è stato rrprodotto, è brutto vedere che non è stata inserita una piccola lente trasparente nel fanale. In questo modo, più che un faro, sembra uno specchio "double face".  Manca anche il cavo elettrico di collegamento. In più, i tergicristalli sono completamente sbagliati: con un solo motorino (correttamente replicato all'interno del parabrezza) il movimento incrociato è impossibile: infatti sull'auto vera i tergi sono paralleli, uniti da una piccola asta metallica. E per pura pietà, tralascio di commentare il diametro dell'asta dello specchietto...

E ancora: il tubo di scarico ha un brutto sostegno proprio nel mezzo, inesistente sull'auto vera; sarà per rendere più solido l'insieme, ma poteva certamente essere progettato in maniera migliore. Inoltre, perché lasciare "vuote" le marmitte nella parte superiore?  Si notano subito, e sono proprio brutte a vedersi.


Sorvoliamo le brutte targhe "moderne", e parliamo ancora di fanaleria e di economie: anche i lampeggianti (sia anteriori che posteriori, aggiunta moderna sull'auto vera) e le luci di posizione posteriori sono prive di lenti, rimpiazzate da una semplice pennellata di vernice su fondo cromato! Inoltre, la forma delle luci posteriori (qui erroneamente dipinte di arancione) è sbagliata, perché le luci erano più tondeggianti ed il vetro rosso era presente dai tre lati. Molto economico l'aspetto del serbatoio della benzina, anch'esso in plastica nera non verniciata.

Gli interni dell'auto vera (Credits: RM Sotheby's)
 
Passiamo ora agli interni, per i quali sarà facile fare un rapido confronto con quelli dell'auto vera, la cui foto è pubblicata qui sopra. A dire il vero, gli interni del modello non sono malaccio: il "finto legno" è molto meglio dal vivo, rispetto a quanto è visibile in foto e nel complesso l'insieme è gradevole.
 


Sulla versione nera, i sedili, i pannelli e la moquette sono rossi; in foto l'aspetto è un po' plasticoso, ma dal vivo vi assicuro che sono molto meglio. Simpatico il particolare del parabrezza supplementare ripiegabile ed orientabile, piuttosto fine. Purtroppo i braccetti estensibili sono fissi, cosa probabilmente necessaria per rendere più solido l'insieme. Da notare la tendenza a staccarsi della moquette posta sul poggiapiedi. Nulla di grave, un po' di colla vinilica risolverà brillantemente il problema.


Il cruscotto, sempre in "finto legno" è abbastanza dettagliato: tutti i comandi e gli indicatori sono presenti, anche se le decals della strumentazione sono un po' approssimative. In ogni caso, ogni quadrante è leggermente incassato ed ha una cornice in rilievo. Ben dettagliato anche il volante, anche se la corona è un poco troppo spessa. Si poteva fare invece decisamente di meglio con la pedaliera, veramente brutta e grossolana.

Piuttosto deludenti anche le leve del freno a mano e del cambio, troppo spesse, rese in maniera approssimativa ed eccessivamente cromate. La base è un pezzo unico, appena abbozzato e privo di qualsiasi guida per lo scorrimento delle leve. Kyosho, puoi fare decisamente di meglio.

Il possente motore 6 cilindri doppia accensione dell'auto vera, lato destro (Credits: RM Sotheby's)



Il motore del modello è un insieme di contrasti. Il dettaglio è abbastanza elevato, ed anche il confronto con la foto dell'unità reale lo evidenzia: quello che salta all'occhio, però, è l'assoluta economicità dell'insieme. Pochi colori utilizzati ed alcuni assolutamente assurdi (vedasi il "verde metallizzato" che dovrebbe imitare il color bronzo dell'alternatore), niente etichette, oltre ad un numero eccessivo di parti in plastica nera non verniciata, che mettono in secondo piano i particolari gradevoli.

Ancora una vista del motore da 7.668 cc (Credits: RM Sotheby's)


Stesso discorso, se possibile anche un poco peggiore, per il lato sinistro del motore: ancora quell'assurdo colore verde a farla da padrone, unito a troppa plastica a vista e fili messi a casaccio. Il tubo del radiatore è veramente orribile. Oltre tutto, sono ben visibili tutti i segni di stampo. Veramente un lavoro di pessima qualità, degno di un giocattolo cinese da pochi soldi. Kyosho, qui non ci siamo proprio.

Il fondo del modello è il sunto di tutto il modello: discreto dettaglio, guastato da un'incomprensibile ricerca dell'economia. Niente colore, a parte il tubo di scarico argentato, plastica a vista non verniciata di aspetto economico, oltre tutto di colore notevolmente diverso rispetto al resto (notare il predellino e il blocco frizione/cambio); nessun cavo, pochissimi pezzi applicati a parte. Una Yat Ming degli anni 80 non avrebbe potuto fare di meglio.

In conclusione, torniamo alla domanda iniziale: questo modello vale il prezzo richiesto? Senza esitare, rispondo di no. È un bel modello, intendiamoci, che farà una splendida figura su qualsiasi scrivania o in una vetrina di un salotto, ma ha un pessimo rapporto qualità/prezzo. È lontano anni luce dalla qualità della più scadente delle CMC ed anche se costa la metà di una CMC, più che una Kyosho sembra una Anson verniciata bene. Se siete interessati a questa vettura, se volete un bel soprammobile, cercatene una d'occasione, come ho fatto io; ma se siete dei modellisti alla ricerca del dettaglio, non fatevi tentare. E speriamo che questo modello sia solo un "incidente di percorso", perché il marchio Kyosho merita decisamente di meglio.

https://www.kyosho.com/


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