MOSTRA in ricordo della POLISTIL
Il 3 settembre scorso si è aperta a Chiari, provincia di
Brescia, una mostra in ricordo delle migliaia di modellini che lo stabilimento
Polistil ha sfornato nello stabilimento aperto proprio a Chiari nel 1962. La mostra è stata curata da Mario Casali, appassionato che cura anche il sito "Quelli della Polistil" (https://www.quellidellapolistil.it/) (https://www.facebook.com/quellidellapolistil/)
La storia della Polistil non è facile perché il marchio è
stato preceduto da una sigla (A.P.S.) e da un nome (Politoys) che poi si è
evoluto in Polistil.
A.P.S. è l’intreccio delle iniziali di Agrati, Polistil e Sala, dove Polistil resterà l'unico nome societario a partire dal 1974. L'amico di famiglia Perfetti era un industriale dolciario che si era interessato dei macchinari più moderni per aumentare la produzione. Fu il primo a produrre i chewing gum in lastrine (che in un secondo momento diventeranno la famosa "Gomma del Ponte" e si era anche interessato alle macchine per l’iniezione di materiali plastici, in grado di sfornare a poco prezzo dei gadget da mettere insieme ai prodotti dolciari.
I primi prodotti A.P.S. erano piccoli veicoli in un pezzo
unico e in una scala attorno all’1:160 per auto e camion. Poi vennero le famose
automobiline vendute in bustine anonime assieme al chewing gum. Non portavano
nessun marchio, solo la scritta Sistema Dep. 1/77 (anche se la scala in realtà era
più vicina all’1:87). Lo stabilimento di via Caio Mario a Quinto Milanese (oggi
quartiere della città di Milano) cominciò a sfornarle nel 1958 e terminò nel
1965.
Attorno al 1960 la A.P.S. oltre a continuare a marchiare
diversi giocattoli con questa sigla, lanciò una serie di modellini di plastica col nome "Microminiature Politoys".
Erano molto economici e costavano in media 200 lire (alcuni, come l’Alfa Romeo
Giulietta spider anche solo 100 lire): era un bel vantaggio rispetto a una
Corgi Toys da 390 lire o una Mercury che ne costava circa 300 ed era
sensibilmente più piccola (1:48). Le Politoys infatti erano in scala 1:41,
quindi un po’ più grandi delle solite 1:43, ma erano anche di colori brillanti
e al telaio erano avvitati dei pesi che davano loro anche una certa
consistenza. La serie ebbe grande successo e presto lo stabilimento milanese
non bastava più. Gli operai a quell’epoca erano 450 circa ma nel 1962 con
l’apertura dello stabilimento di Chiari erano saliti a 800. A Chiari venivano
anche progettati i nuovi modelli, che poi venivano inviati a Milano, alla
Direzione, che li approvava.
All’incirca nello stesso periodo in cui fu lanciata una serie
di auto antiche che fu, tuttavia, un piccolo “flop” a causa del prezzo elevato:
700 lire erano tante anche se i modelli si presentavano in eleganti vetrinette
di plastica rigida e ogni modello aveva molti dettagli e un piccolo autista.
Presto si rinunciò al pilota e alla vetrinetta e il prezzo fu ribassato attorno
alle 300-400 lire secondo il modello.
Nel 1964 la Politoys annunciò la nuova serie «M» in
metallo, stavolta in scala 1:43 e caratterizzata dal fatto che ogni modello era
interamente apribile. Nello stesso anno le novità previste nella serie in
plastica furono sostituite dai modelli in «Fibre-Glass» così denominati per
richiamare la parola fiberglass, ma in realtà questi modelli erano copie
degli «M» realizzati in un materiale simile a resina verniciata (invero più
fragile dei precedenti modelli in plastica), con fondino in zamac pressofuso, e
provvisti di minori aperture (di solito solo le portiere) rispetto agli «M» che, tuttavia, furono presentati ufficialmente solo alla Fiera di Milano del 1965.
Curiosamente pur essendo copie di miniature già esistenti nella serie «M», mantenevano
la scala 1:41 della serie di plastica, risultando così più grandi degli
analoghi modelli interamente metallici. Non ebbero il successo sperato e oggi non sono facili da trovare.
Nel corso del 1966, fu lanciata l’economica serie Penny
in scala 1:66, non per niente ispirata ai penny toys d’inizio ‘900. Le
prime Penny erano piccole formula 1 per la verità un po’ difficili da
distinguere l’una dall’altra avendo tutte la stessa impostazione dovuta al
telaio comune. Seguirono alcune automobili, una serie di Minibus Alfa Romeo
“Romeo” e alcuni autocarri Lancia Esadelta fra i quali si distingueva una
realistica autobotte “Agip Supercortemaggiore”.
Al salone del giocattolo di Milano del Politoys 1969
inaugurò, fra i primi fabbricanti al mondo (ma sicuramente il primo a mantenere
la serie per anni e ampliarla costantemente con novità), una nuova linea di
modelli in pressofusione in scala 1:25, che comprendeva, all’esordio, una Alfa
Romeo Osi Scarabeo e una De Tomaso Mangusta. Erano i primi modelli del genere
venduti già montati, completamente apribili e con lo sterzo comandato dal
volante, oltre ad avere una riproduzione molto buona della meccanica e degli
interni.
Nel 1974 il nome Politoys mutò in Polistil al cambio dell'assetto societario, e di conseguenza furono cambiate tutte le confezioni e alcuni modelli, in particolare quelli della vecchia serie Export vennero modificati ricevendo le brutte ruote veloci che già equipaggiavano tutti i modelli nuovi della serie già dal 1971 al posto dei cerchioni fedeli con pneumatici in gomma. Ancora col marchio Politoys E uscirono nel 1972 i modelli della serie Week-end, che erano degli ex-modelli Export con portapacchi e bagagli sul tetto. All’epoca del cambio di marchio Polistil, mise in commercio col proprio nome le piste elettriche precedentemente vendute come Policar e nel frattempo venne aperto un nuovo polo produttivo a Settimo Milanese. Era il momento migliore per la Casa Milanese che addirittura, grazie a un accordo con Sir Frank Williams, si presentò nelle competizioni con una vera Politoys FX3, derivata dalla March 711.
Tra il 1973 e il 1984 la Polistil diede vita al marchio
Kingplast per la produzione di grossi giocattoli in plastica per bambini, che
comprendevano autocarri, trattori e mezzi militari, oltre a due maxi-modelli
teleguidati di auto di formula 1. Nel 1975 la Polistil aveva messo in
produzione alcuni maximodelli da corsa (Formula 1) in scala 1:16. In questa
stessa scala nel 1979 Polistil rilanciò la serie: in quegli anni la scala 1:18
non era ancora così diffusa come al giorno d’oggi: e fino ad allora per scala
grande si intendeva piuttosto l’1:16 che si riallacciava alla tradizione di
certi kit giapponesi. Così in quell’anno la Polistil presentò un eccezionale
modello dell’Alfa Romeo 6C 1750 Mille Miglia, poi seguita da una Mercedes-Benz
W196 da gran Premio del 1954, la vettura campione del mondo alla guida di
Fangio. Tutti i modelli grandi della Polistil di questa serie («TG») furono
dunque realizzati in quella scala, anche se gli ultimi erano un po’ più piccoli
per renderli più coerenti coi modelli della concorrenza, che erano in 1:18 (per
esempio le Lamborghini Diablo e Countach). Le ultime uscite della Polistil
ebbero il marchio del gruppo Tonka del quale la Casa milanese era entrata a far
parte nel 1988 raggiungendo le maestranze le 1300 unità.
Oggi al posto dello stabilimento Polistil c’è un
supermercato.
Dopo la comparsa degli ultimi modelli attorno al 1993, non si ebbero più
notizie del marchio in quanto la Tonka aveva deciso di chiudere le sue operazioni
in Italia. Inaspettatamente, il solo marchio venne ceduto alla May Cheong Group
(Maisto), che lo riportò all’onor del mondo nel 2003. Quell’anno furono
presentati in un apposito Stand della Fiera di Norimberga diversi modelli di
qualità non esaltante, realizzati in scala 1:24 e in 1:64 e prodotti in Cina.
Con quest’ultimo rapporto di riduzione interessanti sono solo le Alfa Romeo 156
realizzate per il mercato italiano nelle colorazioni della Polizia italiana e
dei Carabinieri.

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