Porsche 356 B hardtop 1961 – by Tecnomodel
Tecnomodel ha colmato una lacuna fra i modelli Porsche in scala 1:18, andando a riprodurre la forse meno amata di tutte: la Hardtop del 1961.
Il 1960 aveva visto un rinnovamento dei modelli 356: il “convertibile
D” era stato sostituito dalla roadster, basata sulla carrozzeria della 356B,
costruita in Belgio dal D’Ieteren, dopo una breve parentesi affidata la
carrozziere tedesco Drautz.
A Karmann venne invece affidato un modello completamente nuovo: l’hardtop. Esso prendeva nome dal tettuccio metallico che veniva venduto per essere fissato sui cabriolet durante la stagione invernale. Solo che non era amovibile, bensì un tutt'uno con la carrozzeria.
Era saldato sulla carrozzeria e ne ricalcava la forma ma
non era uguale.
Tecnomodel has filled a gap among
Porsche models on a 1:18 scale, reproducing perhaps the least loved of all: the
Hardtop of 1961. The 1960s had seen a renewal of the 356 models: the
"convertible D" had been replaced by the roadster, based on the same
bodywork of the 356B, built in Belgium by D'Ieteren, after a brief interlude
entrusted by the German coachbuilder Drautz.
Karmann was instead given a completely new model: the hardtop. It was
named after the metal roof that was usually sold to be fixed on convertibles
during the winter season. He just wasn't removable. It was welded onto the bodywork and traced
its shape but it wasn't the same.
Una mossa non del tutto comprensibile, che migliorava di poco l’abitabilità dei posti posteriori della 356, più che altro adatti a bambini neanche tanto grandi e che non riscosse molto successo: nel giro di due anni fu tolta dal listino e quasi dimenticata anche dagli appassionati.
Il modello Tecnomodel monterebbe il classico 1600, altrimenti
avrebbe la scritta Super in evidenza.
Nelle sua varie viste cattura fedelmente la linea dell’originale, sia pure con la carreggiata posteriore un po’ larga. Molto ben fatte le varie difficili curvature della carrozzeria. Se la 356 sembra banale da riprodurre in scala occorre dire che in effetti non lo è assolutamente. La Hardtop, con quella sua caratteristica gobba posteriore, aggiunge curve alle curve e qui sono state tutte fedelmente realizzate.
Gli interni, come spesso accade sui grandi modelli di
resina privi di aperture, vanno osservati, per quanto è possibile, dai
finestrini. La combinazione carrozzeria argento con interni neri, pure se
prevista sull’auto vera, aiuta poco perché il nero smorza i dettagli. In ogni modo
appaiono ben realizzati, come l’esterno e solo il volante sembra di diametro
un po’ piccolo in un’epoca ancora priva di servosterzi.
Il modello presenta un fondo assolutamente piatto, sul
quale solo la marmitta sporge per potersi raccordare con gli scarichi. D’altronde
per la sua salvaguardia è meglio tenerlo avvitato alla basetta e in questo modo
resta comunque invisibile dall’esterno.
Considerata la scala ci permettiamo di criticare i
tergicristalli che, realizzati in sottile lamierino da fotoincisione, appaiono
troppo fini rispetto a quelli dell’auto vera. Occorrerebbe trovare una via
di mezzo tra quelli – sempre un po’ troppo grossi – dei modelli di serie e
questi che al contrario hanno un aspetto magro ed evanescente.
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